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Con Odisseo nella Terra dei Ciclopi – quinta parte

da Serena Fiorentino
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10 giugno 2022 Caltagirone (CT)
La Sicilia ci ha abituati a tempi di percorrenza delle strade molto lunghi: per 30 o 40 chilometri spesso ci si impiega un’ora o anche più. Questa mattina però, Google Maps ci riserva una sorpresa: i minuti necessari a raggiungere Caltagirone sono inferiori ai chilometri da percorrere! Pieni d’entusiasmo ci mettiamo in strada e, imboccata la statale, ecco che ci troviamo da subito incolonnati dietro ad una mandria di mucche con tanto di pastore sorridente al seguito. Caltagirone aspetterà! Non abbiamo certo fretta di salire e scendere i 142 scalini di Santa Maria del Monte, anche se non vediamo l’ora di perderci nelle cento e più botteghe d’argilla che segnano la tradizione millenaria di questa città nota per la sua ceramica. Superato il festoso rallentamento del traffico, che non ha mancato di richiamare curiosi armati di fotocamera, arriviamo nel cuore di una Sicilia fatta di innumerevoli larghi, vicoli e ronchi che la fanno assomigliare moltissimo alle Kasbah arabe. Qui i “vaneddi” siciliani si chiamano “carruggi” e sono di dimensioni anguste, spesso di difficile transito non solo per le vetture, ma addirittura per le persone. Sono le più tipiche e comuni delle vie in basolato presenti nel centro storico e affascinano con i loro decori in ceramica che sembrano richiamarsi alla festosa arte del tessuto e del ricamo: il manganese, il verde ramina, il giallo arancio e il blu cobalto risaltano in ogni angolo il luminoso paesaggio siciliano.

Caltagirone – Scala di Santa Maria del Monte

Camminando senza meta, passiamo dall’ex teatro Garibaldi dove Giovanni Verga ambientò un capitolo del “Mastro don Gesualdo” e dal fondaco, ricordato sempre da Verga, nella novella “Cos’è il re”.
Il pomeriggio lo trascorriamo nel giardino comunale stracolmo di bambini festanti e chiassosi che festeggiano, insieme ai loro insegnanti, la fine delle lezioni. In Sicilia la scuola è finita oggi ed è tutto un tripudio di urla, corse a perdifiato e gavettoni.
Al bar San Giacomo, Ilaria ci prepara quattro deliziosi panini “cunzati”, talmente buoni che difficilmente possono essere annoverati fra i cibi di strada mordi e fuggi. Nel suo locale, conosciamo Concetta, emigrata al nord e rientrata dopo anni in una Sicilia che le sta stretta e da cui vorrebbe nuovamente fuggire. Ci parla lungamente di una situazione difficilmente sostenibile fra esodi di massa, giovani anestetizzati noncuranti dei problemi politici che affliggono l’isola, anticorruzione solo di facciata, mala burocrazia imperante e negligenza amministrativa. Concetta è indignata e demotivata perché, col suo animo bello, riesce ancora a percepire tutta la potenzialità inespressa di questi luoghi. E’ difficile vivere in quello che sai potrebbe essere il paradiso, ma spesso viene trattato come un inferno. Consumiamo il nostro panino e cerchiamo con tutte le nostre forze di guardare al bello che ancora ci circonda, con le dita unte d’olio e gli occhi che immagazzinano barocco ad ogni sguardo.

(Area sosta camper gratuita con servizi di carico e scarico solo per acque grigie, a Caltagirone in via Circonvallazione ,10)

11 giugno 2022 Caltagirone (CT) – San Leone (AG)
Oggi a Caltagirone c’è il mercato settimanale: migliaia di banchi su viale Autonomia. Tutti che urlano “tutte cose” e una calca di persone con i sacchetti di plastica in mano stracolmi di indumenti, verdure, pesce… un allegro pot pourri di vite intente a fare compere a buon mercato, a caccia dello sconto imperdibile e dell’offerta speciale. Ci facciamo prendere la mano e ce ne torniamo al camper con due lenzuola nuove in cotone, un pollo arrosto, due altre coppole siciliane, meloni, pesche, dolci e pistacchi. La dispensa è carica e siamo pronti a dirigerci verso l’Agrigentino.
In questa vacanza un po’ strana durante la quale abbiamo attraversato Taormina senza fermarci a vederne il teatro antico, i Giardini Naxos senza passare dal parco Apollo Archegeta e Catania senza sostare in piazza Duomo o alla Pescheria, dubito che andremo fino alla Scala dei Turchi.
Questa vacanza è iniziata col desiderio di girovagare lontano dalle mete turistiche di massa e vorremmo che continuasse su questa linea.
Convinti che il turismo di massa danneggi gravemente i luoghi più belli della terra contribuendo enormemente alla distruzione dei paesaggi, nonché alla perdita di identità di paesi, città e quartieri caratteristici, vorremmo tenercene alla larga.
Benché il turismo sia un’importante risorsa economica per l’isola, portato all’eccesso può avere un impatto negativo sulla vita dei locali nonché sull’esperienza degli stessi viaggiatori e noi non vorremmo certo trascorrere le giornate a parlare in inglese, francese o spagnolo, o a nutrirci in perfetto stile Mc Donald, ma bensì ad imparare un po’ di dialetto siciliano e a mangiare arancine, cannoli e carne di cavallo.
Certo, per la Valle dei Templi sicuramente bisognerà fare uno strappo ai nostri propositi; uno strappo a cui però bisognerà arrivarci carichi e preparati. E quale miglior preparazione se non un’area sosta in riva al mare? A mezz’ora da Agrigento chiamo l’area sosta camper “Albachiara” e mi assicuro due giorni e due notti di relax. Ci aspettano sole, mare, giochi in spiaggia, qualche buona lettura, un po’ di musica e tanto tempo per raccontare questa vacanza, scrivere e pensare. L’area sosta non è certo delle migliori: un luogo dove si lavora solo stagionalmente, più attento ai profitti che all’accoglienza, niente acqua potabile e tutti i servizi a pagamento, finanche le docce fredde. Il caffè che fino a ieri abbiamo pagato 80 centesimi, qui oggi lievita ad un euro e venti. Di contro, il Mare di Sicilia è spettacolare e ci coccola col rumore delle onde che si infrangono a riva.
La prima cosa che il cuore mi spinge a fare è quella di telefonare a Salvatore, il gestore dell’area sosta camper Spuligni a Zafferana Etnea, semplicemente per fargli sapere che ci manca e che vorremmo tanto tornare a trovarlo prima del rientro.

(Area sosta camper Albachiara in viale delle Dune 85, Agrigento)

12 giugno 2022 Realmonte (AG) – Porto Empedocle (AG)
Quella di oggi si preannuncia una giornata all’insegna dei piani che saltano. Un week end che doveva essere di puro relax parte con l’idea di una passeggiata mattutina a Porto Empedocle. Quando mia figlia mi chiede perché ho scelto proprio Porto Empedocle fra tutti i comuni del circondario, le parlo di Pirandello e di Camilleri. Ovviamente l’undicenne storce il naso e mi fa notare contrariata l’iniquità di tale scelta: perché l’opera d’arte letteraria si e quella della natura alla Scala dei Turchi no? Spiazzati, io e il mio compagno cediamo alla richiesta.

la Scala dei Turchi a Realmonte

Dalla spiaggia di Realmonte, il bianco della falesia di marna è accecante.
«Passato un promontorio, la Scala dei Turchi gli apparse ‘mprovvisa. Se l’arricordava assai più imponenti, quanno si è nichi tutto ci appare più granni della realtà. Ma anche accussì ridimensionata conservava la sua sorprendente billizza. Il profilo della parte più alta della collina di marna candida s’incideva contro l’azzurro del cielo terso, senza una nuvola, ed era incoronato da siepi di un verde intenso. Nella parte più bassa, la punta formata dagli ultimi gradoni che sprofondavano nel blu chiaro del mare, pigliata in pieno dal sole, si tingeva, sbrilluccicando, di sfumature che tendevano al rosa carrico. Invece la zona più arretrata del costone poggiava tutta sul giallo della rina.» (La prima indagine di Montalbano, Andrea Camilleri)
Ora che l’undicenne è soddisfatta della meta aggiudicatasi, possiamo dirigerci verso Porto Empedocle per una breve passeggiata ed un pranzo fugace. Guardiamo con i nostri occhi il paese che si è sviluppato attorno al porto con un centro storico in cui si respira aria marinaresca d’altri tempi, tanto ben descritto nelle novelle studiate a scuola e tante volte lette e rilette.
«Brilla la marna dell’altipiano a cui il grosso borgo è addossato; risplende come oro lo zolfo accatastato su la lunga spiaggia; e solo contrasta l’ombra dell’antico castello a mare, quadrato e fosco, in capo al molo.» (La morta e la viva, Pirandello)
Ci fermiamo su via Roma, un viale pedonale splendidamente alberato e incorniciato di bar e ristoranti. Ci sediamo ai piedi del monumento a Luigi Pirandello.

Porto Empedocle – monumento a Pirandello

E’ qui che consumeremo il nostro pasto a base di pane e panelle, arancine e buccellati con zuccata e fichi: un colpo di grazia per la nostra prova costume ormai definitivamente persa e una frecciata di Cupido per i nostri cuori ormai irrimediabilmente innamorati di questa terra.


Il pomeriggio allunga le ombre sulla spiaggia riparata dalle dune. I pini si sdraiano sulla sabbia piegati dal vento mentre i bambini rincorrono la palla fra le onde in attesa del tramonto. Il litorale di San Leone si tinge pian piano di un rosso intenso. Salutiamo così questa domenica sera: con una birra in spiaggia e i bambini che corrono felici.

13 giugno 2022 Agrigento – Sutera (CL)
La Valle dei Templi è un miracolo: splendidamente conservata ed immensamente emozionante. Come al nostro solito abbiamo scelto per la visita un lunedì mattina. Quando ci lasciamo alle spalle il tempio della Concordia, ancora non si vedono pullman traboccanti di turisti all’orizzonte.

Agrigento – La Valle dei Templi

Ci siamo goduti la lenta passeggiata dal tempio di Giunone lungo gli arcosoli bizantini in piena solitudine e tanto ci è bastato per apprezzare appieno il parco archeologico. Assaporiamo emozioni che solo questi luoghi possono dare; come scrisse Goethe:
«Mai visto in tutta la mia vita uno splendore di primavera come stamattina al levar del sole… Dalla finestra vediamo il vasto e dolce pendio dell’antica città tutto a giardini e vigneti, sotto il folto verde s’indovina appena qualche traccia dei grandi e popolosi quartieri della città di un tempo. Soltanto all’estremità meridionale di questo pendio verdeggiante e fiorito s’alza il tempio della Concordia, a oriente i pochi resti del Tempio di Giunone; ma dall’alto l’occhio non scorge le rovine di altri templi… corre invece a sud verso il mare.»

Il pomeriggio lo trascorriamo in un piccolissimo paese scrigno di storia in provincia di Caltanissetta sulla Magna via Francigena Castronobi, su un rialzamento dell’altopiano gessoso-solfifero a 580 metri di altitudine. Sutera è un borgo di antiche origini che domina le colline sottostanti e la valle del fiume Platani. L’abitato si sviluppa formando una corona attorno alle pendici del monte San Paolino. “Il balcone della Sicilia occidentale” ha un affaccio invidiabile su un panorama che si spinge fino all’Etna fumante. Qui, natura, arte, panorami e cultura gessosa la fanno da padroni in un percorso immerso in luoghi magici, fra “li figureddi”, “la carcara di issu”, “la valle dell’eden” e “il bevaio dell’Aravia”.

Sutera

Visitiamo il museo Etnoantropologico e ci immergiamo nei vicoli fra le tipiche abitazioni del quartiere arabo del Rabato, il più antico di Sutera che conserva ancora oggi il suo assetto tardo medievale con le tipiche forme costruttive siciliane. Il tramonto e la luna piena che sorge ci sorprendono fra “i dammusi” e “le ghittene”, le antiche case in gesso che si affacciano in angusti cortili secondo lo stile proprio dei villaggi arabo-berberi nordafricani.
La gente ci accoglie con un calore d’altri tempi. I funzionari del comune corrono ad accertarsi che tutto ciò di cui abbiamo bisogno sia a disposizione; i proprietari dell’abitazione accanto alla quale abbiamo posteggiato il nostro Odisseo vengono ad offrirci miele, pistacchi e mandorle; i ragazzi che stanno festeggiando in piazza le loro pubblicazioni di nozze ci invitano a partecipare al banchetto. Tutto è perfetto, tutto sa di Sicilia, di calore e di accoglienza sincera. Nella piazzetta del Rabato, dove ci fermiamo ad osservare il sole arrossarsi al tramonto, le donne velate parlano arabo e i bambini siciliano; le une sono sedute su una panchina all’ombra dei salici e gli altri giocano a calcio balilla. Nel cortile della scuola, dove le lezioni sono ormai terminate da qualche giorno, è in corso una partita di calcetto: Palermo-Barcelona, tre contro tre.
Sutera è proprio la Sicilia che stavamo cercando: quella autentica, genuina, rurale. Qui possiamo conoscere le persone, andare alla ricerca dei prodotti tipici, osservare i sorrisi, esplorare ed apprezzare le particolarità del piccolo borgo, assaggiare un dolce, conoscere storie, lasciarci incantare dal paesaggio, innamorarci dell’accento dei siciliani, respirare i profumi e lasciarci cullare dal vento.

(Area sosta camper comunale gratuita a Sutera con servizi di carico e scarico previa richiesta ai vigili urbani in via Carruba)

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