Con TIPO (acronimo di Turismo Industriale Prato), le manifatture storiche e quelle d’avanguardia si aprono per la prima volta agli appassionati di archeologia industriale, architettura, moda e design e a chi voglia scoprire i segreti del più grande distretto tessile europeo. Un’esperienza di visita esclusiva in luoghi industriali suggestivi e ricchi di fascino, dove la mano di grandi architetti è presente e si respirano le storie di coloro che li hanno vissuti. Un nuovo prodotto turistico della città di Prato e della Toscana che unisce la tradizione alla contemporaneità. Un progetto esperienziale pensato per tutti coloro che vogliono scoprire la nuova frontiera del turismo, quello industriale. Il progetto TIPO, dopo una fase di sperimentazione avvenuta a fine 2021, è pronto per rivolgersi ad un pubblico più ampio con un programma che parte ora e dura fino a primavera, per riprendere nuovamente dopo l’estate.
Nell’ultimo weekend di ogni mese, fino a maggio 2022, i visitatori saranno guidati in un percorso emozionale che, partendo dagli inizi della manifattura pratese, li condurrà nel cuore delle fabbriche moderne, apprezzate per qualità e varietà dei lavorati e per l’investimento in processi produttivi rispettosi della natura che hanno reso Prato “Città per la circolarità”: una città tra le più europee e contemporanee d’Italia, anagraficamente giovane, multiculturale e multietnica, impegnata da alcuni anni sui temi della rigenerazione urbana e della transizione ecologica, circolare e digitale.
Il turismo industriale permetterà di toccare con mano il processo di trasformazione urbanistica, sociale e culturale profonda che proietta Prato in una dimensione contemporanea e internazionale. TIPO Prato è un modello di turismo contemporaneo: “dentro e fuori” dalle fabbriche, tra eventi culturali, spettacoli, trekking urbano e momenti per le famiglie, nella città del Museo del Tessuto, del Centro Pecci e del Mumat – Museo delle macchine tessili di Vernio, modello di imprenditorialità, cura dell’ambiente e progettazione culturale. Ogni sabato dell’ultimo fine settimana del mese TIPO – il cui slogan è “Fabbriche raccontano storie” – propone spettacoli in luoghi della produzione tessile solitamente non aperti al pubblico; la domenica ci si muove sul territorio provinciale, per scoprire il patrimonio di architettura industriale e di ex fabbriche rigenerate con progetti di innovazione urbana. In programma anche laboratori didattici per bambini nei musei (Museo del Tessuto, Centro Pecci, Mumat).
L’iniziativa completa l’offerta turistica dell’area pratese, aggiungendo un ulteriore modalità per vivere il territorio e le sue bellezze ai percorsi che da anni la caratterizzano: quelli legati alla storia (con le chiese e i musei, le ville medicee e gli affreschi di Filippo Lippi e Paolo Uccello, l’archeologia etrusca), alla contemporaneità (a partire dal Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci), ai cammini naturalistici (si pensi alla Via della lana e della seta o alla Via Medicea), all’enogastronomia (con prodotti presidio Slow Food come la mortadella di Prato IGP e i fichi secchi di Carmignano, il Pane di Prato, o i famosi dolciumi come i “biscotti con la mandorla” e le “Pesche di Prato” noti in tutto il mondo).
La storia dell’industria tessile a Prato
Prato è il più grande distretto tessile industriale d’Europa ed è un punto di riferimento in ambito internazionale per la qualità dei tessuti realizzati, con lavorazioni di alto livello pensate per le grandi maison della moda di tutto il mondo. Inoltre è un polo fortemente innovativo, che ha da tempo introdotto una filosofia green nelle proprie produzioni, a partire dal recupero delle materie prime. Com’è nata l’industria tessile a Prato? Nel corso dei secoli, nei lanifici e nelle piccole imprese artigiane si sono lavorati “cenci” di lana provenienti da tutto il mondo, materiali di scarto rientrati nel ciclo produttivo per essere trasformati in tessuti di qualità, pronti al confezionamento. L’arte del riciclo a Prato parte da lontano, dal Medioevo, quando per la produzione delle stoffe si recuperavano i vecchi vestiti dei contadini e le balle dei mulini. Alla base dell’industria pratese c’erano 58 mulini e un sistema idraulico – le cosiddette “gore” –, nato in epoca romana e consolidato nel Medioevo: 53 km di gore che dal Cavalciotto di Santa Lucia raggiungevano il fiume Ombrone, attraversando tutto il territorio.
L’Ottocento fu l’epoca dei lanifici a ciclo completo, dove entravano i cenci o il cascame di lana meno pregiato, base per il nuovo processo di lavorazione: dalle fasi di orditura, cardatura, filatura e tessitura, si passava a quella della nobilitazione, la rifinizione, fiore all’occhiello della produzione pratese, per poi arrivare al tessuto finito. L’impannatore, imprenditore pratese, seguiva tutto il processo, attento anche alla scelta dei colori delle stoffe, al disegno e alla “mano”, cioè all’altezza e alla morbidezza del prodotto. Gli anni ’50 del Novecento furono quelli del mito dei piccoli artigiani pratesi, quelli degli stracci provenienti soprattutto dall’America e quelli del recupero delle divise della seconda guerra mondiale. Le fasi di lavorazione, fino a quel momento interne ai lanifici, con la crisi di sovrapproduzione post guerra furono esternalizzate e portarono alla Prato dei telai nei garage. Ancora oggi il processo produttivo dei tessuti a Prato è basato anche sul riuso e sull’economia circolare. Con 2.500 imprese tessili il polo di Prato è il più grande d’Italia e d’Europa e il 16% (18.660 unità lavoro) degli addetti del comparto italiano. La materia prima continua ad arrivare da tutto il mondo, le aziende investono in ricerca, innovazione e sostenibilità, i tessuti prodotti sono acquistati dalle più importanti case di moda internazionali per confezionare i propri capi.
TIPO è promosso da Comune di Prato, Fondazione Museo del Tessuto, Fondazione CDSE Centro di Documentazione Storico Etnografica; Comuni di Cantagallo, Carmignano, Poggio a Caiano, Montemurlo, Vaiano, Vernio; in collaborazione con ACTE (Associazione Comunità Tessili Europee), Visit Tuscany e Prato Turismo. La direzione artistica degli spettacoli in programma è a cura di Fonderia Cultart.
Nella foto di apertura: Il Mumat, museo che sorge nell’edificio del primo carbonizzo costruito a Vernio, il Carbonizzo Meucci. Qui è possibile ripercorrere la storia recente e il passato industriale tessile della Val di Bisenzio, dei tanti esempi di archeologia industriale e soprattutto del metodo di riciclo degli stracci, peculiarità della città di Prato. In esposizione strumenti e macchine tessili dalla fine dell’800 alla metà del ‘900: filandre, cardature, l’antica turbina della fabbrica alimentata dall’acqua del Bisenzio e un raro esemplare di telaio in legno restaurato.
Per informazioni sul progetto TIPO e sui prossimi appuntamenti
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