Il peregrinare di Odisseo in Sicilia si fa duro su strade provinciali sconnesse e impone una sosta per ricaricare le batterie e il fisico provato dei “nostri” viandanti. Un paio di provvidenziali trasferte in treno coniugano un po’ di riposo con la visita a due dei centri più belli dell’isola: Cefalù e Palermo
14 giugno – Sutera (CL)
A Sutera, la mattina ingrana le marce con una lentezza disarmante. Prima tappa al furgoncino del fruttivendolo ambulante, seconda al forno, terza dal barbiere per una spuntatina ai capelli del piccolo Enea, quarta ai tavolini del bar all’ombra accanto ad un cartello che segnala lavori in corso: il cartello ideale nei pressi del quale fermarsi a fare colazione con granita e brioche. Gustiamo una di quelle granite che non si bevono, ma si mangiano; una di quelle granite che non si possono vedere prima di essere gustate perché sono nascoste nel pozzetto e mai esposte in strani macchinari, quelle granite mai asciutte e sorbettose, nè piene di cristalli di ghiaccio. Bagniamo la brioche, quella con il tuppo, con lo chignon! La brioche calda e la granita si accompagnano, hanno lo stesso ritmo e arrivano insieme alla fine del percorso godereccio.
Il Roxy bar in piazza Zucchetto è un salto indietro nel tempo di una trentina d’anni almeno. Qui possiamo prenderci tutto il tempo necessario a pianificare la prossima tappa di questo viaggio verso non si sa ancora chi, cosa e dove. Chi ci consiglia Gangi, chi Petralia Soprana, chi la vicina Mussomeli. Le granite e la brioches sono arrivate a fine percorso in perfetto pari merito e la decisione sulla prossima tappa non è ancora stata presa. Sarà un’altra strada provinciale “ammalorata” a condurci chissà dove e già sappiamo che, finché resteremo nell’entroterra rurale nisseno, sarà tutto esattamente come lo stiamo cercando.
Dopo venti chilometri le aspettative sono tutte confermate: la strada provinciale è un disastro, il paesaggio è stupendo. Procediamo a non più di dieci chilometri orari su un fondo sconnesso a tratti asfaltato e a tratti no, immersi in un panorama quasi per nulla antropizzato che sembra immobile, sospeso nello spazio e nel tempo. Mussomeli ha un centro storico che è tutto un susseguirsi di case in pietra a disegnare un vecchio presepe un pò cadente: palazzo Trabia, palazzo Langela, palazzo Minneci e palazzo Sgadari si impongono allo sguardo fra decine e decine di antiche casupole diroccate e abbandonate al loro destino. Tutto è fermo, immobile, affacciato su un orizzonte lontano che sa di immutato e immutabile. A sera ci dirigiamo verso il castello che domina la valle da uno sperone roccioso di quasi 80 metri.
Quella costruzione che di giorno si mimetizza nella roccia calcarea, di notte tutto ad un tratto viene illuminata di verde, bianco e rosso dando ancora maggior risalto alla sua posizione impervia ed isolata, simile ad un nido d’aquila. Decidiamo di dormire qui, ai piedi del castello con tutti i suoi fantasmi lamentosi e disperati in cerca di pace.
Ci infiliamo sotto le lenzuola raccontandoci le storie degli spettri che abitano le stanze di questo particolarissimo castello: quella del soldato innamorato della bella figlia di Manfredi rinchiuso in una torre a morire di stenti che si buttò giù per sfuggire alla crudele condanna; quella di un gruppo di nobili attirati con l’inganno nel castello e lessati vivi con getti di olio bollente; quella della baronessa di Carini, Laura Lanza, con la sua ampia gonna di seta e lo scialle finemente ricamato, assassinata dal padre perché sorpresa con il suo amante Ludovico. Quando i bambini si addormentano sto ancora raccontando la terribile storia di gelosia e di morte custodita nella stanza delle “tre donne”. Qui sarebbero state murate vive dal principe Federico le sue tre sorelle Clotilde, Margherita e Costanza durante una campagna militare. La guerra però durò più del previsto e le tre sfortunate morirono di fame. Non avendo nulla di cui nutrirsi le poverette tentarono di mangiarsi le loro scarpe. Finita la guerra Federico, tornato a casa, trovò le sorelle con le scarpe strette tra i denti.
(Area sosta camper comunale gratuita con servizi di carico e scarico a Mussomeli in piazzale Mongibello, tutti i giorni tranne il martedì mattina per mercato settimanale. Parcheggio gratuito h24 su sterrato ai piedi del castello di Mussomeli)
15 giugno – Mussomeli (CL) – Campofelice di Roccella (PA)
Alle 9 del mattino ci facciamo trovare pronti all’ingresso della roccaforte. Tre grandi e vecchie chiavi in ferro sono posate su un tavolo accanto alla biglietteria. Mio figlio le adocchia subito e se ne impossessa senza andare per il sottile. Finalmente ha un castello tutto per sé! Giusy, la guida, lì per lì lo lascia fare poi addirittura lo incoraggia: siamo gli unici quattro visitatori di questa mattina, quindi Enea potrà giocare a far finta di condurci nella “sua” roccaforte. L’entusiasmo dei bambini è alle stelle. Corrono su a perdifiato ad aprire i pesanti portoni della sala dei baroni e dell’armeria.
Ci conducono in stretti passaggi verso le segrete e ci raccontano in tono spaventoso le storie di fantasmi che a nostra volta avevamo raccontato loro ieri sera. Giusy sorride e si gode questa visione del maniero tutta particolare. Con la visita al castello Manfredonico, la nostra sosta a Mussomeli volge al termine. Ci attendono 100 tortuosissimi chilometri per raggiungere il mare in provincia di Palermo ed è ora di metterci in marcia.
Arriviamo a Campofelice di Roccella esausti, maledicendo Google e le sue mappe troppo poco adattabili alle trazzere (via minore che attraversa i campi, ndr) dell’entroterra siciliano. Anche il nostro compagno di viaggio Triny il limone è provato, ammaccato, rinsecchito e malamente abbronzato.
Fermiamo le ruote nel camping Roccella mare e decidiamo di non spostarle più fino a completa ripresa delle forze perse per strada. Ci godiamo il mare, il tramonto, la calma, le docce calde e una buona bottiglia di vino Syrah IGP delle terre siciliane.
(Camping Roccella Mare, lungomare del Mediterraneo,31 a Campofelice di Roccella)
16 giugno Campofelice di Roccella (PA) – Cefalù (PA)
Dopo 15 giorni di vacanza e 1377 chilometri percorsi in 31 ore e 35 minuti ad una velocità media di 44 km/h, finalmente siamo a ruote ferme sul ghiaietto fronte spiaggia. Ieri sera la musica che si levava dai locali sul lungomare ci ha tenuti svegli fino a tardi.
“C’è nu giardinu ammezu di lu mari, tuttu ntessutu di aranci e ciuri. Tutti l’acceddi cci vannu a cantari, puru i sireni cci fannu all’amuri” (Vitti na crozza).
Dopo tutti questi chilometri, il nostro van Odisseo ha deciso che vuole riposarsi un po’, sgranchirsi il tendalino e ricaricare le batterie. Se davvero teniamo a visitare Cefalù, possiamo farlo in treno! Lui ha chiesto esplicitamente di restare fermo in piazzola vista mare, attaccato ad una presa da 220 volt. Ha le ruote gonfie come due zampogne!
Saliamo sul regionale delle 10:16 in direzione di Sant’Agata di Militello e in meno di un quarto d’ora siamo a Cefalù, il vecchio borgo medievale ai piedi di un promontorio montuoso sul mare che, con i suoi tetti rossi e le piccole finestre che affacciano le une sulle le altre, ci regala qualche ora di pura bellezza.
Dopo Porta Pescara ci fermiamo qualche istante sull’incantevole spiaggia che accarezza gli ingressi delle case, poi percorriamo via Mandralisca fino al duomo. I turisti vanno e vengono e si accalcano lungo corso Ruggero alla ricerca del souvenir giusto da portarsi a casa. Entriamo nel duomo e ne veniamo rapiti: mai ci saremmo aspettati tanto luccichio d’oro e d’argento custodito da quelle imponenti mura. Le tessere colorate del mosaico del Cristo Pantocratore abbagliano di luce. E’ ormai l’ora giusta per un aperitivo quando riusciamo a staccare gli occhi da questo incredibile monumento e risbuchiamo nella piazza. A pochi passi c’è uno street food dalle ottime recensioni e decidiamo di provarci, nonostante il centro storico sia troppo turistico per i nostri gusti. Da Don Ciccio troviamo la genuinità (e i prezzi) di una Sicilia che ci piace: il pane con milza, le panelle, le arancine…
Sul treno di ritorno a Campofelice saliamo gonfi e appagati. Alle 15:30 siamo già nelle acque del Tirreno per una lunga nuotata che ci aiuti a smaltire, almeno in parte, quello che era iniziato come un aperitivo e ben presto si è trasformato in un vero e proprio pranzo. Con una media di venti chilometri giornalieri macinati a piedi a passo spedito, siamo ormai esausti quasi quanto il nostro Odisseo.
17 giugno – Campofelice di Roccella – Palermo
Dopo la seconda notte nel comodo camping sul lungomare di Campofelice pensiamo di fermarci ancora. Cefalù ci è piaciuta tantissimo e, a non più di un’ora di treno, ci sarebbe un’altra imperdibile tappa ad attenderci. Tutto il contrario di ciò che avevamo preventivato. Il must sarebbe dovuto essere: solo Sicilia interna, solo piccoli borghi e solo località poco turistiche. Risultato: Palermo è troppo a portata di mano per non attrarci irrimediabilmente.
Alessandro, il proprietario dell’area sosta Roccella mare, si arma di cartina della città; ci invita a sederci intorno ad un tavolo all’ombra di un enorme eucalipto e, con segni di penna decisi e ben visibili, ci indica dove dirigerci una volta arrivati alla stazione centrale per innamorarci del capoluogo siciliano in meno di 12 ore.
E’ venerdì 17 e Trenitalia ha annunciato uno sciopero. Fino a ieri, questa sarebbe stata una questione altra e lontanissima dal microcosmo di un camperista; oggi è un’incognita da tenere in considerazione affidandoci alla dea bendata. Corsa delle 7 del mattino soppressa, così come quella delle 10. Riusciamo a salire sul treno delle 8 e un quarto. L’aria condizionata nel vagone ci mette a nostro agio e ci fa guardare al prosieguo della giornata con spirito fiducioso ed ottimista. Approdiamo in un fantastico mondo di eccessi e contrasti che ci regalerà mezza giornata di gioia e di bellezza. A passo spedito fra un viale e l’altro, camminiamo tra lo scintillio più sublime e il degrado più cupo; ci infiliamo in ogni mercato, in ogni vicolo, in ogni antro e in ogni chiesa proseguendo a zig zag per immagazzinare quante più impressioni possibili di questa città. Questa città esprime un potenziale artistico e culturale come poche altre sanno fare. Ci perdiamo nel vecchio quartiere della Kalza, con la chiesa della Spasimo, vaghiamo per i vialetti dell’orto botanico con la sua straordinaria biodiversità, ammiriamo il cuore della città con i Quattro Canti e l’ottagono perfetto che ne viene formato, la chiesa di San Giuseppe dei Teatini
dalla bellezza talmente intensa da apparire a tratti quasi eccessiva e poi la cattedrale. Infine ci concediamo la tanto attesa e imperdibile immersione completa e totalizzante nel delirio di Ballarò e della Vucciria, dove ci fermiamo per una pausa mangereccia 100% made in Sicily.
Ai tavolini dello street food “Alcolisti per passione” ci servono una frittura di calamari, spiedini all’arancia, un tagliere palermitano con arancine al burro, panelle e l’impareggiabile stigghiola (tipico piatto a base di budella), il tutto su tavolini di plastica barcollanti fra le fughe del lastricato sudicio del viottolo continuamente percorso da orde di uomini, donne e ragazzini in scooter che fanno lo slalom fra le sedie e i banchetti di frutta e souvenirs.
Qui non c’è musica nei locali che servono cibo, qui c’è solo poesia: la poesia delle urla in un dialetto così marcato da sembrare quasi un canto.
Il momento, l’odore e il calore di Palermo che porterò sempre con me sarà proprio questo: la pausa alla Vucciria a guardare la vita che corre cantando in siciliano. L’emozione che non mi lascerà mai sarà quella di una città “onesta” che non ghettizza il degrado nelle periferie, ma lo integra in ogni angolo di un centro storico vero e sincero, che espone “realtà” agli occhi di tutti.
E’ ormai basso il sole quando torniamo a Campofelice per l’ormai quotidiana nuotata nel rigenerante mare che bagna l’isola. Troviamo un’area sosta incredibilmente piena, totalmente diversa da quella che avevamo lasciato questa mattina. Alessandro ci spiega che si sono aperte le danze del week end e che questa sera è in attesa di circa 40 camper. Ci attende una notte a suon di karaoke e balli di gruppo. E’ giunta l’ora di salutare Campofelice e il camping che ci ha ospitato. Domani mattina ci concederemo l’ultima doccia calda e rimetteremo in moto Odisseo alla volta di non sappiamo ancora quale piccolo paesino dove trascorrere in santa pace il week end. Ci imponiamo di isolarci fra le nostre quattro lamiere su ruote per tenerci idealmente lontani dalla bolgia dei vacanzieri del venerdì sera. Impresa ardua quando sentiamo che il dj del camping fa girare qualche pizzica salentina come a volerci richiamare e coinvolgere nella mischia. Guadagniamo scalzi il centro dell’improvvisata pista da ballo; al secondo ritornello siamo soli, io e il mio compagno, a muoverci sui ritmi vivaci di “L’acqua te la funtana”: attorno a noi si è creata una ronda di siciliani che guardano e accennano qualche passo di danza sul posto. Da che volevamo isolarci lontano da tutti, ci siamo alla fine isolati in mezzo a tutti. Fantastico!