Home Mete Italia Ponte del 25 aprile tra Basilicata e Campania: seconda parte, da Pertosa a Padula

Ponte del 25 aprile tra Basilicata e Campania: seconda parte, da Pertosa a Padula

da Serena Fiorentino
352 letture

22.04.2023 Tricarico (MT) – Grotte di Pertosa-Auletta (SA) – Satriano di Lucania (PZ)
Attraversiamo tutta la provincia di Potenza, tra boschi, campi coltivati e pascoli; assaporiamo fino in fondo quella che un tempo doveva essere la fatica e la durezza della vita cantata nelle poesie di Rocco Scotellaro che ci stanno accompagnando lungo il viaggio. Il verde tutt’attorno pacifica solo esteriormente il dolore che ha accompagnato questi contadini per tutto il secolo scorso e anche prima.
“Noi non ci bagneremo sulle spiagge
a mietere andremo noi
e il sole ci cuocerà come la crosta del pane.
Abbiamo il collo duro, la faccia
di terra abbiamo e le braccia
di legna secca colore di mattoni.
Abbiamo i tozzi da mangiare
insaccati nelle maniche
delle giubbe ad armacollo.
Dormiamo sulle aie
attaccati alle cavezze dei muli.
Non sente la nostra carne
il moscerino che solletica
e succhia il nostro sangue.
Ognuno ha le ossa torte
non sogna di salire sulle donne
che dormono fresche nelle vesti corte.”
(Rocco Scotellaro)

Il confine tra Basilicata e Campania è quasi impercettibile. Nulla cambia fino ad Auletta e poi a Pertosa. Solo una volta giunti all’ingresso delle grotte sembra tutto diverso, quasi fuori posto, alieno. Si sentono parlare le lingue più disparate e i negozi di souvenir affollano il piazzale. I peperoni cruschi e il caciocavallo lasciano spazio alla tristezza di wurstel e patatine. Decidiamo di fuggire immediatamente nel cuore della montagna, cercando di estraniarci dalla massa umana che ci circonda. Vogliamo celebrare la giornata mondiale della Terra 2023 immergendoci rispettosi nelle sue viscere. L’affascinante viaggio in barca lungo il fiume sotterraneo Negro è magicamente silenzioso;

a farci compagnia c’è solo il fragore degli scrosci della cascata sotterranea e, di tanto in tanto, la voce della guida che spiega le peculiarità di questa magnifica grotta nel massiccio dei Monti Alburni, piena di antri e cavità modellati dalla natura in migliaia di anni. Lo stupore è pienamente percepibile negli sguardi estasiati dei bambini, increduli dinanzi a tanta inconsueta bellezza. Una volta fuori la luce è quasi accecante e il caldo asfissiante. Non possiamo che sederci ad osservarci ed osservare; in silenzio elaboriamo emozioni difficilmente descrivibili a parole. Poi ci incamminiamo; il tempo di attraversare nuovamente il piazzale ancora invaso dai turisti e di sentire nell’aria l’odore di wurstel e patatine fritte e decidiamo di proseguire subito oltre. Domani a Satriano di Lucania è in programma la festa della Pizza Chiena Satrianese; in meno di mezz’ora saremo lì, con mezza giornata di anticipo sulle previsioni! La fuga da Pertosa ci ricorda tanto i versi de “Il primo addio a Napoli” di Scotellaro:
“Ognuno solo si preoccupa
del proprio oggetto da vendere.
Ognuno fa sentire la sua voce.
Io sono meno di niente
in questa folla di stracci
presa nel gorgo dei propri affanni.
Sono un uomo di passaggio, si vede
dal cuscino che mi porta
Ie cose della montagna.”

23.04.2023 Satriano di Lucania (PZ)
Satriano di Lucania è un paese lento, di una lentezza serafica. Gli uccellini cinguettano da fermi sui rami degli alberi in piazza. Solo di tanto in tanto vengono giù a beccare qualche briciola sulla soglia del bar dove il barista sta pulendo i tavolini, lento, silenzioso, tranquillo. Spike, il cane del paese, è immobile sul marciapiede; osserva i passerotti, osserva il barista con lo straccio in mano, scodinzola il moncherino della sua coda quando qualcuno varca la soglia, ma non si sposta di un millimetro. Oggi in paese è festa, ma non sembra esserci alcun fervore. Anche i preparativi sono lenti, pacifici, serafici. Vaghiamo tra i murales che colorano ogni vicolo di leggende e tradizioni, di credenze magiche, della Satriano sacra, di antichi mestieri, del Rumita (l’eremita vestito di foglie d’edera personaggio simbolo del carnevale antropologico), del pittore Giovanni de Gregorio… Girovaghiamo in cerca dell’immagine di un asinello, il murales che riporta le parole di Scotellaro; lo incontriamo su via Roma e recita così: “Ho perduto la schiavitù contadina, non mi farò più un bicchiere contento, ho perduto la mia libertà.”. La piazza che più ci affascina è sicuramente Largo Satrianesi nel mondo: la statua del Rumita vestito di foglie guarda verso le case dipinte con navi pronte a salpare per l’America e minatori nel cuore della terra con il loro uccellino in gabbia. Riconosciamo in questa piazza tutta la sacralità del sacrificio, della memoria e dell’identità di un popolo fiero. Rileggiamo in questa piazza un’altra poesia che ci riporta indietro nel tempo e che ci immobilizza qui a riflettere e pensare:
“Oi t’aià nghiotte la anca ca ti tiri
oi possa scé nt’America cu nu suspiri.
te possa venne la ‘amma chi bastone
nchianà na scala quanto lu calancone.”
(Oh! Che ti debba inghiottire l’anca che ti tiri, oh! Che tu possa andare nell’America con un sospiro. Ti possa tu vendere la gamba col bastone, salire una scala quanto un burrone) È una quartina di endecasillabi a rima baciata che Scotellaro improvvisò su un modulo di canto popolare per esprimere protesta e rabbia per chi, attratto dal falso miraggio dell’America, si apprestava a partire dal proprio paese.’

Una volta tornati nella zona dove si stava preparando lentamente la festa, troviamo già le donne intente ad impastare e i banchetti pronti a servire il rustico più apprezzato della gastronomia dell’area del Melandro, sua maestà la Pizza “chiena”(ripiena). Ma subito scopriamo con sorpresa che qui non si serve solo la pizza, nel menù ci sono anche la lepre e i peperoni e anche questi sono ripieni! Qui è tutto ripieno, tutto saporitissimo e tutto annaffiato da ottimo Aglianico del Vulture. Uova, formaggi locali, salame satrianese e prezzemolo riempiono qualsiasi cosa si affacci sul nostro tavolo. Ne usciamo fuori gonfi come se fossimo appena reduci da un banchetto nuziale. Anche ballare sulle note di qualche musica popolare ci risulta difficile tanto è il cibo che siamo stati capaci di ingurgitare. Decidiamo quindi che la mattinata può concludersi qui. Torniamo lentissimi e serafici verso Odisseo e i suoi due letti matrimoniali a castello. Come si dice dalle nostre parti: pancia “chiena” riposo cerca.

24.04.2023 Padula (SA) – Fardella (PZ)
Dalla Basilicata si torna in Campania, da Potenza a Salerno, dalla Lucania al Vallo di Diano. I 940 grammi dell’opera omnia di Rocco Scotellaro, con le sue 820 pagine, sono rimasti a Satriano di Lucania, nel camper di un amico accanito lettore che abbiamo incontrato ieri per caso. Poco male: ormai le nostre poesie preferite le conosciamo perfettamente a memoria. Decidiamo di discostare un po’ la nostra vacanza dalla letteratura e di accostarla all’arte sacra. Decidiamo di visitare la Certosa di San Lorenzo a Padula. Non è una delle nostre mete predilette essendo un luogo prettamente turistico, ma la storia, l’architettura e l’arte che si custodisce in essa sono l’esca perfetta da mettere all’amo a cui non possiamo che abboccare.

Il più vasto complesso monastico dell’Italia Meridionale nonché uno dei più interessanti in Europa per magnificenza architettonica e copiosità di tesori artistici, la Certosa ufficialmente nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco non può che attrarci a sé ed invitarci ad una visita. Arriviamo a Padula carichi di aspettative: non vediamo l’ora di perderci nelle sue 350 stanze e nei suoi 51.500 m² di cui 15.000 impegnati solo dal chiostro, il più grande del mondo.

Pagato il biglietto d’ingresso e dribblati abilmente due o tre chioschi che vendono souvenir made in China, varchiamo la soglia e ci addentriamo nella Certosa. Purtroppo incontriamo più transenne ad impedire passaggi che sale aperte, più erba alta ed incolta che giardini, più bottiglie di plastica abbandonate per terra che affreschi alle pareti. La delusione è tanta, soprattutto di fronte alle enormi potenzialità attrattive di questo luogo artisticamente e storicamente magnifico così malamente lasciato andare all’incuria e all’abbandono. Per la seconda volta, questo nostro zigzagare ci lascia l’amaro in bocca e ci spinge a modificare i piani e a cambiare direzione.

Con gli occhi ancora colmi della magnificenza della chiesa di San Lorenzo, col suo altare maggiore in scagliola e madreperla e le sue decorazioni con stucchi dorati di gusto settecentesco, cerchiamo di scacciare via la delusione e ci portiamo ancora una volta in Basilicata, senza meta, senza navigatore e senza idee.

Provvidenzialmente, lungo la strada statale 653, leggiamo il cartello d’uscita per Chiaromonte e Fardella. Ci torna subito in mente l’accoglienza squisita di Gennarino (il gestore dell’area camper di Fardella) e la vacanza riprende immediatamente la giusta piega.
“Sradicarmi? La terra mi tiene e la tempesta se viene mi trova pronto Indietro ch’è tardi ritorno a quelle strade rotte in trivi oscuri.” (Rocco Scotellaro)
A Fardella siamo ormai di casa: bastano quattro o cinque salsicce aromatizzate con peperone crusco, una griglia e un pò di legna, una bottiglia di vino e il sorriso torna prepotente sui nostri volti. Anche l’ultimo giorno di vacanza è salvo. A volte servono solo la semplicità di un paese e dei suoi abitanti, l’accoglienza sincera e la voglia di far vivere i luoghi per promuovere al meglio un territorio e renderlo ospitale allo straniero.

Nel pomeriggio Gennarino si offre di accompagnarci, insieme ad altre due famiglie pugliesi, in giro per il paese e a visitare il museo della Parola. E’ qui che, tra un racconto e l’altro ascoltato dai video che riprendono le parole degli anziani del paese, ritornano le parole del nostro libro, quelle di Rocco Scotellaro, quelle che cantano un’umanità ai margini, rimasta per secoli senza speranza, perennemente in lotta con la miseria. Ascoltiamo in silenzio storie di fabbri abituati a percorrere dieci chilometri a piedi ogni giorno mattina e sera per andare al lavoro, storie di donne che da bambine, non avendo neppure i soldi per comprare una bambola, creavano la loro arrotolando gli stracci, riempiendoli di paglia e utilizzando dei rametti per riprodurre braccia e gambe.

Si parla di vigne zappate e piantate a mano, di lavori continui di cura, raccolta e lavorazione dell’uva, che veniva ancora pestata con i piedi. Si parla di mietiture con la falce e spighe raccolte e trasportate a mano fino all’aia dove venivano ventilate. E poi di fedi nuziali ricavate dalle monete dell’Impero coniate da Mussolini: nelle fucine avevano creato una forma adatta, con un tondino di ferro veniva tolta la parte centrale della moneta e con quella esterna veniva creato un anello dorato. Il signore nel video ride nel dire che quegli anelli sembravano quasi d’oro vero! Chiudiamo la visita e la nostra nuova breve incursione nelle aree interne di questo Sud con una frase di un’anziana donna che spero di non dimenticare mai:Prima c’era più miseria, ma le cose si facevano meglio di come si fanno ora.”

Tre ore di strada ci separano da casa, tre ore per pensare e per dare un senso a quello che domani sarà il nostro 25 aprile.

area sosta Fardella

Soste:
Parcheggio gratuito senza servizi a Tricarico (MT) in Via Levi Carlo, 40, nei pressi della Torre Normanna.
Parcheggio custodito presso le grotte di Pertosa-Auletta a Muraglione (SA) in Via Muraglione, 7 (costo per camper 5€).
Area sosta camper gratuita a Satriano di Lucania (PZ) con servizi di carico e scarico (no elettricità) in Strada Comunale Campo di Rato, 19.
Parcheggio gratuito a Padula (SA) nei pressi della Certosa di San Lorenzo in viale Certosa.
Area sosta camper a Fardella (PZ) con servizi di carico e scarico, docce, bagni, elettricità in Corso Vittorio Emanuele (costo 8€/giorno)

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