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Il rito della decortica del sughero

da Redazione
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Un rituale affascinante, che quest’anno si arricchisce di notevoli innovazioni in termini di sostenibilità. Il gruppo Amorin, leader della produzione del sughero, ci illustra come questa attività possa aiutare per il rispetto dell’ambiente e all’abbattimento della CO2.

Oggi, infatti, il gruppo Amorim ha in gestione diretta 8.700 ettari di foreste dove andrà a piantare nei prossimi 4 anni 1,5 milioni di nuove querce da sughero. Queste scelte di investimento, associate a una esclusiva irrigazione goccia a goccia, permetteranno di ottimizzare le risorse idriche, sempre più scarse, e allo stesso tempo favorire una crescita mirata delle piante. Il ciclo normale di decortica della pianta prevede che il primo sughero, definito vergine, venga rimosso a 25 anni: questo non serve per produrre tappi ma solo materiale di isolamento, come quello della seconda decortica, che avviene dopo 9 anni. Bisogna attendere ulteriori 9 anni (43 in totale, quindi), per lavorare il sughero al fine di ottenere i prodotti di più alto livello, tra cui i tappi.

Osservando l’esperimento di un coltivatore di oliveto intensivo, Amorim si è accorta che nello stesso ambiente, con l’irrigazione goccia a goccia e con gli stessi nutrienti dell’olivo, una quercia di 8 anni aveva la stessa dimensione di un albero di 25 anni. Da qui è nata l’idea di sperimentare un ciclo intensivo, in cui la prima decortica (sughero vergine) può avvenire a 8 anni, la seconda dopo soli 4, si toglie in questo frangente l’irrigazione goccia a goccia e si fornisce solo al bisogno (in caso di siccità). La terza e ultima decortica, così, può avvenire dopo 9 anni, ovvero dopo un totale di 21 anni, meno della metà del tempo precedente.

Ulteriore innovazione è quella dell’attività di decortica in senso stretto: rimane l’operazione delicata e ad alta responsabilità finora conosciuta, tuttavia può oggi fruire di una meccanizzazione degli strumenti. Questi devono essere comunque gestiti da mani sapienti, quelle degli esperti – letteralmente – sul campo che si tramandano il know-how da secoli e che sono i primi custodi della pianta, visto che un’incisione troppo profonda può ferirla e una troppo leggera può rovinare il sughero. Tuttavia, possono anch’essi vivere un alleggerimento della propria attività, che rimane uno dei lavori agricoli meglio pagati al mondo per la sua specializzazione, a contrasto, oltretutto, della desertificazione sociale di queste terre.

L’orizzonte odierno punta a una ulteriore evoluzione: Amorim sta lavorando sulla selezione genetica per avere la migliore qualità di sughero per le nuove piante, con l’obiettivo di aumentare anche quantitativamente, passando da una media di 55 piante per ettaro a 300 piante per ettaro e con l’ambizione di sviluppare la messa in produzione di 50.000 ettari di foreste tra Portogallo e Spagna per aumentare la produzione mondiale di sughero del 30%. La decortica e le sue evoluzioni rimangono parte di una attività di tutela, prima che origine della filiera produttiva, che si dimostra sempre più strategica per l’intero bacino del Mediterraneo.

Le querce sono tra le protagoniste, infatti, di uno dei 35 santuari di biodiversità del pianeta, quella macchia mediterranea che deve parte della sua sopravvivenza ai 2,2 milioni di ettari di foresta da sughero: consentono la vita ad animali e vegetali e assorbono fino a 32 milioni di tonnellate all’anno di CO2. In questa maniera si risponde pienamente al noto proverbio portoghese “io pianto l’eucalipto per me, il pino per i miei figli e il sughero per i miei nipoti”, dimostrando uno sguardo lungimirante, visionario e di piena responsabilità, anche in contesto aziendale.

Credit foto: Renato Vettorato

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