Questa è una domanda che mi faccio spesso e l’incremento dell’uso dell’intelligenza artificiale l’ha resa ancora di più di attualità. Basandomi sulle mie conoscenze dell’informatica e sull’uso che ne ho fatto in passato e che faccio tuttora, mi sento di dire che non è ancora eccessiva, ma è piuttosto il genere umano che fa troppo affidamento su di essa e molte volte gli scappa di mano.
Faccio un esempio: ho trascorso qualche giorno delle mie vacanze estive in una località francese la cui area sosta camper era completamente informatizzata, ovvero senza personale addetto. Per entrare bisognava scannerizzare una scheda o digitare un codice. Io non avevo la scheda perché al momento della iscrizione al network delle aree venivano solamente rilasciati codici.
Per entrare non ci sono stati problemi; la sbarra si è aperta immediatamente. I problemi sono sorti invece quando ho dovuto riempire il serbatoio delle acque chiare. I rubinetti di erogazione si attivavano anch’essi solamente con scheda o codice, ma quelli di quell’area, per un guasto, non funzionavano con il codice, ma solamente con la scheda di cui io ero sprovvisto. Ho cercato di mettermi in contatto con il call center del network, ma è stata una cosa molto difficoltosa. Alla fine, dopo molti messaggi telefonici, mi è stata data una scheda tramite la colonnina posta all’ingresso dell’area. Il problema sembrava risolto, ma purtroppo l’operatore che ha effettuato la manovra si è dimenticato di attivare la scheda, per cui, essendo l’ora di fine lavoro del call center, ho dovuto aspettare sino al giorno dopo per ricontattarlo, sempre in modo molto difficoltoso, per ottenerne l’attivazione. Tutto è bene quel che finisce bene, ma la morale è che io ho perso due giorni di vacanza.
Non imputo la colpa di ciò che mi è successo all’intelligenza artificiale, ma piuttosto alla mancanza di controlli da parte degli esseri umani. Le aree di questa catena sono completamente automatizzate, per cui, se c’è un mal funzionamento, nessuno se ne accorge, creando così problemi all’utenza.
In questa sede non voglio dissertare sui motivi che inducono le persone a servirsene così assiduamente ed anche a sproposito. Certamente facilita il lavoro delle persone, ma vi sono comunque attività per le quali il cervello umano dovrebbe esserne il master and commander piuttosto che un suddito. E questo è tanto più vero quando si tratta della vacanza in libertà, come potrebbe essere la progettazione di un percorso, dove la mente umana dovrebbe essere l’intelligenza che decide, mentre quella artificiale (leggi Gps) bisognerebbe limitarla al ruolo di coadiuvante nei casi più difficili: attraversamento di grandi città, ricerca di un indirizzo, di un’area sosta, di un campeggio, di un parcheggio, ecc.

A prescindere dalle situazioni paradossali e magari anche di pericolo che si vengono a creare quando si lascia troppa autonomia al Gps, io ho fatto quest’errore e mi sono trovato quasi incastrato in un sottopasso, l’intelligenza artificiale toglie il piacere del tracciare la rotta che corrisponda alle aspettative dell’intero equipaggio e del lavoro di preparazione che si fa a monte, come può essere la ricerca di strade panoramiche, che attraversano una determinata località o ricche di aree per il pic nic, insomma, tutte quelle piccole cose che possono rendere più piacevole la marcia. Il tragitto non deve essere esclusivamente inteso come il raggiungimento di una meta, ma deve anche rendere gradevole il tempo che si passa in movimento.
I Gps, per quanto siano evoluti e per quanto siano ricche le opzioni di programmazione, non avranno mai la flessibilità e il desiderio del bello della mente umana, per cui tenderanno sempre a scegliere un percorso basato su dei parametri piuttosto rigidi. Naturalmente il concetto che ho cercato di esprimere non si applica nella totalità dei casi. Se il tempo a disposizione è poco, è certamente più conveniente farsi guidare dallo strumento che, se ben programmato, ci farà fare il percorso più rapido, ma se la vacanza si protrae nel tempo, non ha senso privarsi del piacere della scoperta e la vecchia e cara carta stradale è ancora oggi lo strumento ideale per assicurare al viaggiatore l’ebrezza di sentirsi lo scopritore di nuovi mondi. Certo che, in un periodo in cui la tecnologia avanza a passi da gigante, può sembrare un sintomo di oscurantismo utilizzarla in modo marginale e preferirle strumenti quasi preistorici. In realtà non è così e questo scritto non vuole essere un atto d’accusa verso tutto ciò che riguarda l’informatica, vuole semplicemente far notare che, se diamo libero sfogo alla nostra intelligenza, magari riusciamo a captare cose che altrimenti ci sfuggirebbero. Oramai, ciò che sto per dire è diventato un aforisma trito e ritrito, ma sempre valido: il viaggio non comincia nel momento in cui ci sediamo sul nostro camper, ma quando lo si concepisce ed è ancora allo stato embrionale.
Buon viaggio a tutti