Il Carnevale Mòcheno è una delle celebrazioni più affascinanti e autentiche del Trentino-Alto Adige, che si svolge a Palù del Fersina, nella suggestiva Valle dei Mòcheni. Questa festa, profondamente radicata nelle tradizioni locali offre ai visitatori un’esperienza culturale unica. Scopriamo insieme le origini, i protagonisti e i significati di questa celebrazione che riflette l’identità contadina e il folklore della Valle Incantata.
Il Carnevale Mòcheno inizia subito dopo l’Epifania e culmina nel martedì grasso, conosciuto come “Vòschnto”. Questa tradizione, che affonda le sue radici nella cultura contadina, rappresentava un tempo un’importante occasione di incontro per i giovani i quali, con i loro Kronz, l’elegante ed elaborato copricapo tradizionale, accompagnavano i festeggiamenti e diventavano ufficialmente parte della comunità. Le celebrazioni includono maschere e rituali che hanno attraversato i secoli, mantenendo vivi gesti e parole che raccontano la storia e l’identità della comunità mòchena. Ma come si festeggia il carnevale in Trentino? In questa valle, le festività sono caratterizzate da una straordinaria combinazione di folklore e simbolismo, dove ogni gesto ha un significato profondo legato alla natura e alla ciclicità della vita.
Tra i protagonisti principali del Carnevale Mòcheno spiccano le maschere tradizionali, ognuna con un ruolo specifico e un profondo significato simbolico.
Il Bètscho e la Bètscha rappresentano rispettivamente il vecchio e la vecchia, figure che simboleggiano la saggezza del passato e il ciclo della vita. I loro costumi sono distintivi: il vecchio indossa un copricapo fatto con due zampe di capra unite all’estremità e un camicione di canapa bianca, fermato in vita da un cinturone di cuoio con un campanaccio e la caratteristica gobba di fieno, mentre la vecchia completa il quadro con un abito tradizionale, un cappellino in testa ed, in mano, una piccola scopa con la quale rincorre il vecchio colpendolo sulla gobba.
Il Òiartroger, o raccoglitore delle uova, ma chiamato anche teit, padrino, è la terza figura simbolica. Durante il carnevale visitava i masi della valle per raccogliere le uova, donate in cambio delle benedizioni del Bètscho e dell Bètscha.
La giornata del martedì grasso, momento clou del Carnevale Mòcheno, inizia con la partenza dei tre personaggi principali dal maso più alto di Palai en Bersntol, Palù del Fersina. Con grandi salti e corse, i tre visitano tutte le famiglie, portando auguri di fortuna e “turt” (la torta). Su ogni soglia i Bètschi seminano segatura, simbolo di fertilità e salute.
In cambio, ricevono uova che vengono raccolte nella Kraks, il cesto, portato dal Òiartroger e vengono accompagnati anche dai coscritti, i giovani che nel corso dell’anno compiono 18 anni con i loro eleganti Kronz.
Nel pomeriggio, il rito prosegue con la raccolta delle torte preparate dalle ragazze del paese, condivise tra i partecipanti. Come parte della tradizione, le padelle delle torte, una volta svuotate, vengono lanciate in aria in segno di buon auspicio.
Un momento clou del martedì grasso è la “morte simulata” dei vecchi, accompagnata dalla lettura dei testamenti, in cui vengono nominati tutti i giovani del villaggio, i quali sono loro stessi gli autori dei testamenti, in cui, bonariamente, si prendono in giro burlandosi delle attività o delle proprietà di chi è chiamato in causa. Un gioco di rimandi e allusioni, difficilmente comprensibile da chi non conosce bene la comunità locale e le sue dinamiche, che sicuramente contribuisce a cementare la complicità tra i ragazzi della valle.
La celebrazione si conclude poi con il Vòschn, il grande falò dove si brucia la gobba del vecchio con i testamenti dei Bètschi, con tutta la comunità che si reca quindi in un grande prato chiamato Schèrzerbis.
credit foto Daniele Mosna