Ho spesso l’impressione che la parola ambiente serva solamente a riempirsi la bocca e, ad esclusione di qualche purista, alla maggioranza della gente interessi poco.
Recentemente ho trascorso un periodo di vacanza in una località sul lago di Garda e sono stato colpito dalla quantità di biciclette e di monopattini elettrici in circolazione nel centro storico, sempre molto affollato, mettendo quindi a rischio l’incolumità dei pedoni che, sappiamo, non sono sempre così attenti.
Questa è chiaramente una mancanza di regolamentazione dell’amministrazione comunale che permette a questi mezzi di circolare in zone critiche, ma dimostra anche chiaramente che i possessori di questi mezzi non prendano neanche in considerazione dei rischi che creano. Ho visto delle biciclette elettriche che erano dei veri e propri scooter e francamente non mi è dato di sapere quali fossero le loro velocità massime. Dubito che fossero quelle previste dal Codice della Strada.
Vi è poi un altro aspetto che la proliferazione di questi bicicli va preso in considerazione. E’ vero che non creano un inquinamento diretto come i mezzi a motore a scoppio, ma è anche vero che le batterie vanno ricaricate e questo significa un aumento dei consumi energetici che, concentrati nella stessa zona, possono causare disfunzioni alla rete elettrica. Mi auguro che la zona del lago di Garda sia strutturata in modo da assorbire i picchi anche nei periodi di maggior affluenza turistica.
Va poi anche detto che, terminato il loro ciclo vitale, le batterie vanno smaltite e. nonostante che esse possano essere riciclate, il processo non è del tutto indolore.
Le batterie al piombo si riciclano con un processo chiamato pirometallurgico che permette l’estrazione del 99% del piombo in esse contenuto. E’ un processo molto efficiente, ma non esente da rischi ambientali in quanto potrebbero causare emissioni nocive a causa del contenuto di piombo e di acido solforico. Certo, esistono sistemi di abbattimento, ma anche questi consumano energia.
Diverso è invece il recupero di quelle al litio, di cui il potenziale di estrazione di materie prime si ferma al 50%, dato che si utilizza un processo chimico chiamato pirolisi metallurgica che utilizza acido cloridrico e solforico ed è estremamente energivoro.
Se si considera poi che il rientro delle batterie al litio esauste è solamente del 45% e che in Italia non esistono ancora centri per lo smaltimento, mi viene sempre di più il sospetto che le parole ecologia ed ambiente servano solamente a darsi un tono.
La tecnologia si evolve costantemente, ma purtroppo non sono così veloci i sistemi per impedire che questa provochi danni ambientali. Inoltre, visto che i processi tecnologici e di smaltimento diventano sempre più complessi, ragion per cui il costo del prodotto sale, con la conseguenza che diventerà un bene di lusso accessibile a pochi, a meno che non si ricorra a mercati dove i costi sono inferiori (Cina per esempio). Diminuendo i numeri, diminuisce anche la manodopera impegnata e quindi c’è da chiedersi se si sta facendo la cosa giusta.
Buon viaggio a tutti
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